caksudana dilo
yei, janme janme prabhu sei
Non
dobbiamo identificare il nostro guru con l’apparenza che percepiamo con
i nostri occhi materiali. In accordo al crescere della nostra visione sarà
svelato il riconoscimento interiore. Quando questa visione s’incrementa, e dal
materiale prende una forma trascendentale, il modo di vedere cambierà di
conseguenza. Talvolta un uomo viene conosciuto prima dall’esteriorità, dalla
sua divisa, poi dal suo corpo, dalla sua mente e infine dalla sua intelligenza.
Tanto più i nostri occhi sviluppano il giusto modo di vedere le cose, tanto più
cambia aspetto ciò che stiamo osservando. Krishna afferma:
acaryam mam vijaniyan
“in ultima analisi, Io sono l’acarya”. È la funzione del divino, e a diversi livelli
si possono trovare forme differenti. Molti acarya possono lavorare nello
stesso momento. La conoscenza, l’ideale, si sviluppa dal sottile al grossolano,
e la profondità della visione degli occhi svelerà le diverse figure dei
differenti acarya, attraversando i vari rasa fino alla posizione
più elevata attraverso un graduale processo di realizzazione; altrimenti la
nostra conoscenza si baserà su un concetto materiale, e forzare questa
concezione verso il divino è un crimine, è ignoranza, ed è errato.
Dobbiamo
liberare noi stessi dalla trappola che ci porta a identificare la realtà nelle
forme fisiche presentate dai nostri sensi. Gli occhi ci ingannano, non ci
possono dare la forma e il colore appropriati, e gli orecchi non ci possono
dare il giusto suono, perché la realtà concreta è oltre l’esperienza dei nostri
sensi. Cos’è, perciò, questa cosa? Essendo in una posizione così bassa,
possiamo andare gradualmente in profondità solo con l’aiuto del nostro guru.
Come possiamo riconoscere il nostro guru? In inverno indossa un particolare
vestito, e in estate un altro. Se diamo troppa importanza al vestito esterno,
cosa possiamo fare? Penseremo che il vestito sia indispensabile per il corpo?
Il guru può venire da noi in un corpo particolare. Supponiamo che il guru
sia un uomo giovane; quando diventerà vecchio e la forma giovane si sarà
sviluppata in un’altra, come lo riconosceremo? Inoltre, in una nascita può
venire in un certo corpo e in un’altra nascita può apparire in un corpo
differente. Lo stesso guru può presentarsi diversamente in tempi
diversi. Come lo riconosceremo? Dobbiamo passare dalla considerazione esterna a
quella interna. Se io fossi privo di carne e sangue, esisterei solo in un corpo
sottile, quindi anche il mio guru avrà un corpo sottile. Gli dei, i gandharva
e i siddha, gli esseri perfetti del paradiso, hanno anche loro un guru,
ma non possiedono un corpo materiale, e così anche il loro guru. Eliminando
la concezione esterna dobbiamo entrare nella parte interiore, passaggio di
rilievo per il discepolo che sta progredendo. Questo non significa che bisogna
disprezzare la forma fisica del guru, ma ciò che è più importante
risiede all’interno. Dobbiamo adorare i resti del guru, il suo cappotto,
i suoi stivali, i suoi sandali, ma ciò non significa che le sue scarpe sono
superiori al suo corpo; dobbiamo servire la sua persona. Similmente, se siamo
desiderosi di compiere qualche servizio per il suo corpo, se vogliamo
massaggiargli i piedi, ma lui non lo desidera e dice “No, no, no”, cosa
dobbiamo fare? La nostra obbedienza interiore a lui sarà superiore. In questo
modo dobbiamo progredire – dal grossolano al sottile. Chi è il guru?
Dove è localizzato? Qual è il suo ideale? Cosa vuole realmente che io faccia? Queste
domande non devono essere allontanate dalle nostre orecchie, o darne solo una
formale adesione, perché ciò che vogliamo è il metodo spirituale. L’uomo
spirituale sta andando verso il mondo spirituale per avere una realizzazione
spirituale. È tutta una transizione spirituale. Tutte le concezioni del
mondano, fisiche, mentali e intellettuali, devono essere eliminate dal nostro
viaggio, se desideriamo andare all’interno del mondo della sostanza.
Da: "Srì Guru and his Grace",
di Srila Bhakti Raksaka Sridhara Deva Goswami Maharaja