“Krishna sa che dovrai fare una lotta con la tua mente, contro i tuoi sensi e contro la tua intelligenza, però hai Lui come alleato esattamente come lo ebbero i Pandava. Ciò non vuol dire che non ci fu la battaglia; ci fu eccome! Se ti arrendi a Krishna non significa che non dovrai fare la battaglia, ma significa che la vincerai. Vincerai una grande battaglia.”

B.V.Atulananda Acarya Swami




domenica 6 dicembre 2015

Unità nella Diversità"

Dal Libro "Autobiografia di uno Yogi Andino" 
di
S.S.Bhaktivedanta Atulananda Acarya Swami

“Non rispettare la letteratura Vedica o le Scritture che concordano con la versione Vedica” è una delle dieci offese al canto del Santo Nome del Signore. Nella predica dei nostri acarya possiamo percepire la loro grande apertura mentale. Srila Prabhupada ci diceva che un brahmana deve essere “broad-minded”, di mente aperta. Srila Prabhupada è sempre stato così. Non ha mai detto ad un cristiano di lasciare il suo credo, ma solamente di praticarlo bene, e senza dubbio lo avrebbe chiesto ai fedeli di qualsiasi altra religione, perché tutte provengono da una stessa fonte elevata e pura.
Per l’influenza del tempo, e a maggior ragione in kali-yuga, le diverse dottrine cominciano a degradarsi. Per esempio, qui in America Latina vari nativi hanno ammesso che i loro antenati erano vegetariani. Ho parlato personalmente con un maestro Mapuche a Valparaiso, e mi ha detto che da giovane avrebbe voluto studiare il sanscrito perché lo considerava la lingua originale. Mi ha colpito molto ascoltare questa dichiarazione perché, generalmente, la maggior parte di essi dicono che la loro lingua è quella originale.
Con questo stesso maestro Mapuche è successo qualcosa di speciale, perché i devoti lo avevano invitato ad una cerimonia del fuoco, ma lui pensò di non andare perché era qualcosa che non apparteneva alla sua tradizione. Tuttavia, la notte prima della cerimonia del fuoco sognò un piccolo bimbo azzurro che lo invitava a partecipare, pertanto andò alla cerimonia e si sentì molto integrato e felice.
A Santidwip, la piccola isola che abbiamo sul lago Titicaca, durante una visita con Gurudeva Paramadvaiti, portammo una divinità diGovardhana, e i devoti celebrarono una grande festa con distribuzione di Prasadam. Vari nativi Aymaras ci accompagnavano in questa occasione, e cantarono e ballarono con noi, bagnarono la Divinità di Govardhana e le offrirono fiori e omaggi. Poi condivisero felicemente il Prasadam con noi. Anche questa volta rimasi colpito, e pensai che molto probabilmente così deve essere stato quando gli spagnoli e i portoghesi arrivarono da queste parti. Sicuramente i nativi li ricevettero e rispettarono il loro credo, ma non per questo avrebbero dovuto rinunciare al loro. Sarebbe assurdo, non è il desiderio di Krishna.
Nella nostra tradizione non parliamo di “convertire”, piuttosto parliamo di recuperare e seguire il divino che abbiamo ricevuto nella nostra tradizione.
Krishna dice nella Bhagavad-gita che tutti seguono il Suo sentiero in tutti gli aspetti. Così, dobbiamo incoraggiare le persone a seguire il sentiero a loro designato dai loro antenati e progredire verso la perfezione. Certamente, se qualcuno sente attrazione per Krishna e per il meraviglioso canto donato da Mahaprabhu, saremo molto felici e lo considereremo anche migliore, ma non creeremo inamicizia con coloro che non lo accettano ma che comunque vogliono essere buone persone e vogliono seguire le loro buone tradizioni di rispetto a Madre Terra, agli Apus (parola quechua che significa “montagna”), ai fiumi, oceani, agli anziani, al Sole, alla Luna, oppure seguire i principi di non rubare, non mentire, non essere insofferenti, di amare gli altri, di amare Dio, etc.

Quando li si ascolta, quando uno legge la lettera che il capo Seattle scrisse al presidente di Washington, quando uno legge la lettera degli Uwa della Colombia (lettere che, ancora, non hanno ricevuto alcuna risposta e che nessuno ha controbattuto), può vedere che lì si trova la vera saggezza. Lì si trova vero cristianesimo e vero vaisnavismo. Penso che, in verità, molti di noi che dovremmo imparare da essi. Non possiamo chiudere gli occhi di fronte a questa evidenza storica, di fronte a queste lettere che rivelano il loro profondo sentire e la loro filosofia di vita che, se tutto il mondo la seguisse, avremmo una situazione generale molto diversa e superiore in tutti gli ambiti della vita. In realtà, nelle loro parole troviamo presente le parole dei nostri gurudeva.

In realtà, sono sempre rimasto impressionato le poche volte che ho potuto parlare con persone native dei diversi paesi. Una volta ascoltai una nativa dell’Amazzonia brasiliana dire che avrebbe dovuto amare tutti, che non avrebbe dovuto pensare male dell’uomo bianco, nonostante abbia visto i suoi familiari assassinati da questi supposti e così chiamati “esseri umani”, che uccidono chi si oppone ai loro interessi economici egoisti e arbitrari. Vorrei solo prostrarmi e prendere la polvere dei piedi di questa donna santa!

Ascoltai una nativa del Nord America, la cui famiglia anch’essa era stata sterminata, confessare di provare molto odio e di voler rispondere solamente con altrettanta violenza. Un giorno, però, ebbe una visione nella quale vide tutti gli esseri come anime, come fratelli e sorelle, e sentì una voce che le chiedeva:”Credi nella pace, adesso?”. Lei rispose di si, e questa voce le disse ancora: ”Allora ci sarà molto lavoro per te”. Ora, questa donna percorre il mondo intero lottando per la pace, per l’armonia, per fare cessare lo sfruttamento e la follia che pervade i leader attuali del mondo. Così, per ciò che ho potuto vedere, per ciò che ho potuto ascoltare e leggere, i miei occhi si sono piano piano aperti, e ho potuto comprovare che noi, devoti di Krishna, non siamo gli unici che abbiamo una missione importante in questa Terra. Credo che Srì Krishna stia impegnando molti dei Suoi figli e li sta ispirando in diversi modi, ma che tutti i servizi mirino alla medesima essenza.

Dovremmo, perciò, imparare ad essere più ampi, essenzialisti, paramahamsasaragrai-vaishnava, e incoraggiare ogni piccola “fiammella” di bene e di verità che possiamo trovare nelle diverse vie.

Dobbiamo sempre apprezzare e incoraggiare le buone intenzioni e i valorosi sforzi, senza mai ignorarli o disprezzarli a causa del fanatismo settario. Altrimenti, cadremmo nella deviazione filosofica di ami guru jagad guru, che “solo il mio guru è il salvatore”, già citata in precedenza.

Srì Caitanya Mahaprabhu ci ordina di accettare come guru il filo d’erba e l’albero. Così, dovremmo disposti a imparare da tutti.

Che bello è stato ascoltare il famoso Fools Crow parlare della piena dipendenza da Dio, Wakan Tanka, attribuendo a Lui tutte le proprie capacità curative con le quali ha portato sollievo a migliaia di persone insegnandogli la gratitudine e la preghiera. Diceva che per lui non c’era vita materiale, che viveva in una continua vita spirituale di continua offerta a Wakan Tanka. Ascoltando queste belle e sagge dichiarazioni, non puoi chiudere le orecchie, non puoi cercare di evitarle, piuttosto dovresti complimentarti, essere grato e imparare da loro. Quando ascolti da un nativo dell’Ecuador che per poter essere un vero guaritore devi praticare venti anni di celibato e condurre sempre una vita pura, non puoi ignorarlo, non puoi vederlo come qualcosa di estraneo; piuttosto, dovresti sorprenderti di quanto siamo così vicini, così fratelli. Ascoltare chiari concetti di reincarnazione trasmessi dai Mapuche, e sentirli dire che si dovrebbero domare i propri sensi, altrimenti si comporteranno come quando si lascia libero un maiale in un orto. O ascoltarli parlare di questo “Azzurro nell’azzurro che regge lo spirito del mio popolo”.

Potrei citare molti altri esempi, come quello dei Guaranies, che dicono nelle eclissi di luna è un cane verde che inghiotte questo astro(questa dichiarazione è simile alla teoria vedica, che dice che nelle eclissi lunari la testa del demone Rahu inghiotte la luna).

E cosa dire delle ricerche di Kaman Lal, un antropologo hindu che ci parla di una divinità di Kurma (Avatara di Visnu nella forma di tartaruga, descritto nelle scritture vediche), trovata in Guatemala. Ci parla di pitture di elefanti montati da uomini con turbanti trovati nello stesso luogo. Quando si riferisce agli Incas, ci dice anche che erano divisi in quattro classi sociali, facevano sacrifici del fuoco, usavano un filo sacro, i loro templi usavano gli stessi colori di quelli dell’India, facevano le stesse danze che si facevano in India e trovò molte similitudini tra il sanscrito e il quechua. Trovò anche molte similitudini fisiche tra i nativi del Messico e quelli dell’India, nonché il modo di vestirsi. Presenta tutto questo nel suo libro, un documento con il quale il governo del Messico riconosce che i suoi primi popoli provenivano dall’Oriente.

La realtà è che Srì Krishna chiama i Suoi figli attraverso distinti credi e tradizioni, e dobbiamo rispettarli e apprezzarli, cercando l’unione essenziale senza perderci nei processi ritualistici o negli aspetti esteriori, perché corriamo il rischio di cadere nella posizione di un osservatore superficiale e settario caratteristico di un kanistha adhikari, il quale è molto rapido nel condannare gli altri.

Viviamo un momento storico nel quale il mondo si trova minacciato da un devastante disastro ecologico, e la natura dei devoti è portare la luce e dissipare ogni sorta di oscurità, sapendo che permettere l’espandersi dell’ignoranza porterà solamente altra ignoranza, come una potente epidemia, pertanto i devoti si oppongono ad essa con tutte le risorse che si trovano nelle loro mani. Un bravo medico, per eliminare le cellule cancerogene da un paziente, agirebbe nel modo più drastico possibile.

Vediamo questa attitudine in Srila Prabhupada, come volle darci un mondo cosciente di Krishna, perfino combattendo contro i nostri vestiti e i più basici costumi.

Abbiamo trovato nei popoli nativi un profondo rispetto per gli altri credi, una meravigliosa apertura di mente, dalla quale abbiamo molto da imparare. Molti di loro, come pochi, praticano il principio di “Unità nella Diversità”.

Credo che Srila Prabhupada avrebbe apprezzato molto il rispetto che loro hanno per la natura e per la tolleranza che hanno dimostrato nei confronti dell’uomo bianco, e per come hanno lottato per mantenere le loro tradizioni senza lasciarsi sedurre dall’effimero fascino che la nostra società tanto propizia.

La religiosità dei nostri popoli nativi è molto più reale, palpabile e viva dei credi occidentali basati nell’intellettualismo e nei dogmi. Loro, come in Oriente, hanno realizzazioni dirette di ciò che sostengono. Non è che “credono” in qualcosa; loro “sanno”, grazie alle loro realizzazioni, ciò che stanno dicendo. Non possiamo ignorare le loro realizzazioni, non possiamo essere indifferenti ai loro sentimenti spirituali, perché siamo tutti fratelli.

Considero, inoltre, un obbligo mostrare al mondo una maggiore e migliore relazione tra le religioni e culture spirituali, perché non possiamo essere gli espositori dell’amore puro per Dio e allo stesso tempo non riuscire riconoscere e apprezzare gli sforzi e le realizzazioni spirituali di altri popoli o tradizioni religiose. Non possiamo offrire una soluzione di pace e di armonia al mondo se mostriamo lo stesso orgoglio e senso di competizione di coloro che non sono religiosi.