“Krishna sa che dovrai fare una lotta con la tua mente, contro i tuoi sensi e contro la tua intelligenza, però hai Lui come alleato esattamente come lo ebbero i Pandava. Ciò non vuol dire che non ci fu la battaglia; ci fu eccome! Se ti arrendi a Krishna non significa che non dovrai fare la battaglia, ma significa che la vincerai. Vincerai una grande battaglia.”

B.V.Atulananda Acarya Swami




mercoledì 20 aprile 2016

"La vera devozione si ottiene molto raramente" di Srila B.R.Sridhara Maharaja

SERMONE DEL GUARDIANO DELLA DEVOZIONE

CAPITOLO 1


La vera devozione si ottiene molto raramente


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Non dobbiamo permettere che la nostra esperienza si conceda facilmente, come quando si pensa: “Questo è Dio, questa è la mia concezione, ho un contatto con Dio…”. C’era un bàbàjì che era considerato da molti come un grande devoto. Quando pronunciava il Santo Nome spargeva incessanti lacrime, scorreva del liquido dalle sue narici e lo si vedeva meditare in posizioni anomale. I suoi assistenti pulivano costantemente le sue lacrime con fazzoletti, mentre lui cantava come un pazzo il Santo Nome. Alcune persone atee pensavano che stesse esibendo un fanatismo religioso, mentre la gente comune che aveva una qualche forma di fede in Dio lo considerava un devoto di una classe elevata. Il nostro Guru Mahàràja, Srila Bhaktisiddhànta Sarasvatì Gosvàmì Thàkura Prabhupàda, lo rigettò insieme a tutte le sue azioni, perché era sprovvisto della concezione corretta di Dio.

Atha nihsattvàh
Nisarga-picchila-svànte, tad abhyàsa-pare’pi ca
Sattvàbhàsam vinàpi syuh, kvàpy asru pulakàdayah

                                                                     Bhakti-rasàmrta-sindhuh, Daksina 3.89

“Quando vediamo scorrere lacrime a persone i cui cuori sono teneri esternamente ma duri internamente, che sono abituati a piangere, ad entrare in apparente estasi, etc. (anche quando posseggono sintomi di apparente emozione divina), tale sentimento di imitazione deve essere riconosciuto come totalmente irreale e senza vita”.

Anche senza possedere una goccia di pura devozione, l’imitazione mentale è possibile. In un dramma teatrale possiamo vedere un uomo totalmente ebbro che impersona il ruolo di un devoto, che sparge lacrime e danza come un pazzo come fosse un grande devoto. Con la pratica si può acquisire la condizione mentale di spargere lacrime e mostrare comportamenti come se fossero reali. Il semplice dispiego di qualche caratteristica peculiare esterna non prova la presenza di pura devozione. Devozione reale è sudurlabhà, un ottenimento molto raro.

Se potessimo respingere l’idea di liberazione, potremmo pensare di possedere un pizzico di vera devozione. Di fronte alla devozione, la liberazione viene minimizzata. (moksa-laghutà-krt, Bhakti-rasàmrta-sindhuh, Purva 1.14). La devozione si trova raramente, non possiamo pensare di averla ottenuta (sudurlabhà, ibid). In altre parole, quando diciamo di avere una qualche forma di devozione, in verità non la possediamo. Piuttosto, quando possiamo sentire di non avere nulla e di sentire, a volte, l’aspirazione per nessun’altra cosa, in quel momento potremmo fare qualche progresso; vogliamo qualcosa di genuino, anche se non possiamo capire chiaramente cosa. Apprezziamo, però, i devoti e le divine Scritture. Quando il nostro apprezzamento si trova su questo lato e ci sentiamo ugualmente sprovvisti, ci troviamo in una posizione sensata e salutare. Dobbiamo ricordare che benché siamo parti infinitesimali, negative, abbiamo fatto un passo avanti per relazionarci con l’Infinito, l’Assoluto. Che prezzo dovremmo essere disposti a pagare? Che forma prende questo prezzo? Non compreremo tutto questo a basso prezzo. Servire i devoti sarà pratico, ed è molto importante continuare con i programmi devozionali come è stato raccomandato dalle Scritture e dai santi. Continuare; questo, di per sé, sarà il nostro premio. Stiamo leggendo riguardo Lui, stiamo servendo i santi e ascoltando le loro parole. Questa, di per sé, è già una occupazione. Se troviamo soddisfazione in questo, abbiamo qualcosa che non deve essere sminuito.