“Krishna sa che dovrai fare una lotta con la tua mente, contro i tuoi sensi e contro la tua intelligenza, però hai Lui come alleato esattamente come lo ebbero i Pandava. Ciò non vuol dire che non ci fu la battaglia; ci fu eccome! Se ti arrendi a Krishna non significa che non dovrai fare la battaglia, ma significa che la vincerai. Vincerai una grande battaglia.”

B.V.Atulananda Acarya Swami




domenica 8 maggio 2016

Srila B.R.Sridhara Maharaja: "La Direzione Verso la Tua Ricchezza"

Dal Libro:

"SERMONE DEL GUARDIANO DELLA DEVOZIONE"

CAPITOLO 2

LA DIREZIONE VERSO LA TUA RICCHEZZA



Risultati immagini per srila sridhara maharajaSrì Caitanyadeva è Ràdhà e Krishna combinati. Lui è Krishna nell’umore di Ràdhà che cerca Sé stesso. E’ la combinazione dell’aspetto positivo e negativo dell’Assoluto. La scuola di Sankara e di altri impersonalisti sostiene che quando il positivo e il negativo si combinano, il risultato è una specie di equilibrio. Ma in accordo alla filosofia vaisnava, la combinazione è dinamica. La Sua natura viene presa nella ricerca di Sé stesso, che cerca il proprio essere positivo nell’umore del negativo. In questa ricerca, Lui si distribuisce agli altri. Il negativo attrae il positivo, e il positivo viene distribuito al pubblico. Questa è l’essenza di Srì Caitanyadeva. Gli associati intimi del Signore hanno rivelato tale concezione, e in accordo con l’intensità e con il grado della nostra fede, saremo capaci di concepirla.


LA FEDE CI CONCEDERA’ UNA CASA CONFORTEVOLE

La fede è l’unico strumento con il quale il finito può misurare l’Infinito. Tutti gli altri metodi per esaminare l’Infinito sono inutili. La sostanza più ampia dentro di noi è la fede. Essa può coprire una grande distanza. Che fede possiamo avere nella fede? Temiamo la fede cieca. Nonostante ciò, nell’Infinito, l’impossibile diventa possibile. Tutto è possibile, ma solo la fede ha la facoltà di connetterci con l’Infinito, mentre tutti gli altri metodi sono inutili.
Sraddhà, fede, può percorrere una lunga distanza. Saremo capaci di sentire e concepire che la fede non è meramente immaginaria. Possiede una posizione tangibile, la più efficiente posizione dentro di noi. Quando potremo disconnetterci da tutte le fasi dell’esperienza percettibile, potremo vivere solamente nella fede. Quando tutta la ricchezza della nostra esperienza ci avrà ingannato e tradito, la fede ci salverà.
Tutto il bagaglio della nostra esperienza svanirà, un giorno, con la dissoluzione finale (janma-mrtyu-jarà-vyàdhi-duhkha-dosànudarsanam, Bhagavad-gìtà 13.9), ma la fede rimarrà, accompagnandoci fedelmente. Questo è qualcosa di innato per la nostra anima. Con la dissoluzione finale del nostro corpo, della mente e dei sensi, tutta la nostra esperienza dove andrà? Nessuno lo sa. Il sole, la luna, l’etere, l’aria, tutto svanirà nella dissoluzione finale. Solamente la fede vivrà, perfino in questa tappa. La fede è la sostanza eterna dentro di noi, e ci è stato detto che con le risorse favorevoli della fede possiamo ritornare a Dio, ritornare a casa. Di ritorno a casa; dolce, dolce casa! Una simile prospettiva elevata viene data a chi si trova in questo mondo mortale, questo cimitero, questo crematorio. Qui, tutto è destinato ad essere sotterrato.

“Un’ora inevitabile attende egualmente
La gloria del blasone, la pompa del potere,
e quanto mai abbiano donato la bellezza e la ricchezza:
i sentieri della gloria non conducono che alla tomba”. (8)

                                                                                    Elegia di Gray

Questo è il mondo dell’esperienza; tutto conduce alla morte. Tuttavia, la fede non è traditrice. Rimarrà all’interno, con l’anima, e dispenserà speranza, prospettiva e sostento. Che classe di sostento? Le comodità di casa. Di ritorno a Dio, di ritorno a casa. Con tale proposta, tale alternativa, chi può essere così sciocco da inseguire le esperienze di questo mondo “civilizzato”? Tanto l’esperienza quanto la scienza sono le fauci della morte.
La fede non è qualcosa di impreciso.

yà nisà sarva-bhùtànàm, tasyàm jàgarti samyamì
yasyàm jàgrati bhùtàni, sa nisà pasyato muneh


                                                             Bhagavad-gìtà 2,69