“Krishna sa che dovrai fare una lotta con la tua mente, contro i tuoi sensi e contro la tua intelligenza, però hai Lui come alleato esattamente come lo ebbero i Pandava. Ciò non vuol dire che non ci fu la battaglia; ci fu eccome! Se ti arrendi a Krishna non significa che non dovrai fare la battaglia, ma significa che la vincerai. Vincerai una grande battaglia.”

B.V.Atulananda Acarya Swami




martedì 19 settembre 2017

"Spiritualità Pratica" di S.S.Bhaktivedanta Raddhanti Maharaja


Risultati immagini per bhaktivedanta raddhanti maharajaIl modo in cui ci comportiamo in questo mondo materiale è, in larga misura, un riflesso di come ci identifichiamo come esseri viventi. Se pensiamo di essere corpi materiali, come la gran parte degli esseri viventi fanno, il nostro comportamento si svilupperà in funzione di questa identificazione con il corpo materiale. Al contrario, se ci consideriamo come esseri spirituali che vivono DENTRO un corpo materiale, le nostre attività saranno più conformi a questa conoscenza. Useremmo i nostri corpi per muoverci in questo ambiente materiale esattamente come un conducente usa il suo veicolo, mantenendolo in buono stato, ma senza considerarlo il soggetto principale e imprescindibile per la propria esistenza. Quindi, ci preoccuperemmo più della persona che dà vita al corpo, l’anima, piuttosto che del corpo in sé. Ma cosa significa comportarsi come esseri spirituali? Come può, una persona, essere trascendentale alla materia in un mondo fatto di materia?


Cominciamo con un’analisi dei termini che usiamo per esprimerci. In generale, il termine “spiritualità” viene associato con qualcosa di incorporeo, con qualche pratica o tradizione in relazione con un livello metafisico, un piano “lontano” dalla nostra realtà quotidiana. Ma cosa significa “spiritualità”? La radice etimologica della parola “spiritualità” viene dal latino e, nello specifico, “spiritualità” è il frutto della somma di tre componenti latini: Il sostantivo “spiritus”, che lo si può tradurre come “anima”, la particella “alis”, che viene usata per esprimere “relativo a”, e il suffisso “dad”, che è equivalente a “qualità”.


Spiritualità, quindi, è la condizione naturale di ciò che è spirituale, dove l’aggettivo “spirituale” si riferisce a ciò che appartiene o è in relazione con lo spirito. Pertanto, il concetto di spiritualità può riferirsi al vincolo esistente tra gli esseri viventi, situati in questo mondo materiale, ed il piano trascendente alla materia, il piano spirituale. La religione e/o le tradizioni mistiche spirituali vogliono essere il nesso che permette di sviluppare questa relazione tra i due piani ma, attualmente, la filosofia che le religioni e/o le tradizioni mistiche espongono, viene presentata come separata dal contesto “materiale”; è comune, quindi, ascoltare frasi come: “La spiritualità è qualcosa di molto importante nella mia vita”, oppure “La vita moderna non si prende cura della spiritualità, ma dobbiamo ricordare che non possiamo vivere pensando solamente alle necessità fisiche e materiali”, esattamente come se spiritualità e necessità materiali fossero due cose distinte.

Sicuramente, i praticanti di qualsiasi disciplina spirituale sono compromessi enfaticamente con le pratiche religiose, riconoscendo la loro responsabilità personale e civica, mantenendosi in ordine con il mondo in materia sociale, economica o politica, senza però coinvolgersi in nessun paradigma mondano. In generale, le tradizioni spirituali si concentrano in attività volte al benessere spirituale delle altre persone, attraverso azioni che aiutino l’avanzamento nella relazione con il trascendente. Si potrebbero citare molti insegnamenti lasciati dai Maestri delle diverse religioni e tradizioni mistiche a dimostrazione di come questo approccio eclissi ogni sforzo di carità umana.

Bisogna concludere, allora, che non esiste dedizione e compromesso sul piano materiale, nelle religioni e nelle tradizioni mistiche? O che la spiritualità sia carente di praticità? In realtà, le attività caritatevoli nel piano materiale sono un’espressione del più elevato sentimento realizzato nel cuore degli spiritualisti: la compassione. Vediamo, allora, che cos’è la compassione. Il significato più comune dato alla parola “compassione” è “sentimento di tristezza per la sofferenza altrui”. La compassione che mostrano i Patriarchi e i Maestri delle Religioni e delle Tradizioni Mistiche, però, è qualcosa che va al di là del mero sentimento di pietà o tristezza per il dolore altrui. In Marco 6:34 leggiamo: “Sbarcando, Egli vide una grande moltitudine, ed ebbe compassione di loro, perché erano come un gregge senza pastore; cominciò, così, ad insegnargli molte cose”.

In questo passaggio biblico, Gesù mostra chiaramente che la compassione è Amore per gli altri, che può essere tradotto in un servizio per coloro che generano questo sentimento.

Dio stesso, sempre seguendo gli insegnamenti Biblici, fa uso della Sua sovranità sul mondo, e mosso a compassione per i suoi figli prediletti cercò, esortò e preparò Mosè, affinché salvasse dall’impero Egiziano il popolo che amava, per liberarli dalla schiavitù alla quale erano sottomessi, mostrando come la compassione abbia un significato molto più profondo del semplice provar pena  per la persona caduta. Nemmeno i Buddisti si limitano alla contemplazione e alla meditazione che, senza dubbio, sono i costituenti principali della vita contemplativa che essi praticano. Riconoscono, anzi, l’importanza del “qui e adesso”, aiutando la gente e lavorando per fare del mondo un luogo migliore.

Il Profeta Maometto fu descritto come una “Misericordia per tutte le creature” quando Dio disse nel Corano: “Non ti mandammo (O Maometto) se non come misericordia per il creato”. (Corano 21:107) Viene anche dimostrato che per compassione verso gli esseri caduti di questo mondo materiale, il Signore Supremo invia il Suo agente per liberarli dalle grinfie dell’ignoranza che li condanna a vivere in questo piano materiale, dimentichi del mondo spirituale.

Nella tradizione Vaishnava, che potrebbe essere definita come l’ala mistica dell’Induismo, i seguaci di Sri Chaitanya Deva (1486-1533), praticanti del Bhakti Yoga, o cultura devozionale, che attualmente vediamo nel mondo e riconosciamo come gli “Hare Krishna”, tendono ad essere di cuore buono perché percepiscono la sofferenza delle altre entità viventi, e nonostante la loro principale preoccupazione sia per il benessere spirituale di tutti, non vogliono che qualcuno si senta ferito o perduto, in tutti i sensi della parola. I Vaishnava “sentono la sofferenza degli altri” e, come i Buddisti, lavorano duramente per alleviare questa sofferenza, benché lo facciano con una componente spirituale. Per esempio, distribuiscono cibo agli affamati assicurandosi, però, che questo cibo sia stato benedetto con un’offerta a Sri Krishna, la Suprema Personalità di Dio. Questa offerta spiritualizza il loro atto di carità, che concede al beneficiario non solo il nutrimento di cui necessita il corpo materiale, ma anche l’aiuto per avanzare nel cammino spirituale. Questo cibo viene chiamato Prasadam, che significa “misericordia”, riconoscendo così questa benedizione di Dio come un atto di Amore verso di noi; lo si può paragonare, nel suo principio purificatorio, alla “Ostia” cristiana o alla “Jala”, il pane di Shabat ebraico. 

Esiste, allora, una intrinseca relazione tra le più alte realizzazioni spirituali e gli atti di carità in questo mondo materiale? Si; il Maestro Vaishnava Bhaktivinoda Thakur (1838-1914) scrive: “Coloro che pensano che la devozione a Dio e gli atti benevoli verso le jiva [anime] siano mutuamente differenti una dall’altra, ed agiscono conseguentemente a questo pensiero nella loro vita, non potranno seguire la cultura devozionale. Le loro azioni sono solamente una apparenza di devozione. Pertanto, ogni tipo di beneficenza agli altri come la bontà, l’amabilità, il perdono, la carità, il rispetto, etc., sono inclusi nella bhakti. In accordo alle tre categorie di destinatari, viene definita alta, media e bassa. Il rispetto, la cordialità e l’amabilità costituiscono la vera forma dell’amore, e sono caratteristiche intrinseche della Bhakti: la carità nella forma di distribuzione di medicinali, vestiti, alimenti, acqua, etc., rifugio durante le avversità, insegnamento accademico e spirituale, etc., sono attività incluse nella cultura devozionale”. [1]

Bhaktivinoda continua dicendo: “Una persona deve essere misericordiosa e non deve causare ansietà a nessuna entità vivente. Il cuore deve essere sempre pieno di compassione per gli altri. Mostrare misericordia a tutte le entità viventi è uno dei rami del servizio devozionale”. [2]
Bhaktisiddhanta Saraswati Thakur (1874–1937) figlio di Bhaktivinoda Thakur e illustre Maestro Spirituale Vaishnava dice: “[Il devoto] non sente apatia o attaccamento alla morale mondana. D’altro lato, la morale aspetta come una servitrice di poter aiutare la morale spirituale nel servizio al Signore dell’Amore Trascendentale. Allo stesso tempo, dobbiamo capire che il carattere di una persona che sta coltivando amore spirituale non è mai carente di moralità. Una persona ostile alla morale o con un comportamento immorale non può mai essere una persona spirituale. Nel nucleo ardente degli insegnamenti sull’ideale di Sri Chaitanya Deva, libertinaggio non è devozione. Le evidenze sono tante riguardo il carattere di Sri Chaitanya Deva e i suoi seguaci”. [3]

Vengono introdotti, ora, i concetti di morale e di etica come costituenti indispensabili del carattere dello spiritualista. Ma che cos’è la morale? Che cos’è l’etica? Steven J. Rosen (Satyaraja Dasa), biografo, erudito e autore nel campo della filosofia, della religione, della spiritualità e della musica, scrive: “La parola “etica” può ricondursi al greco ethikos (o ethos), che attualmente viene riferita al carattere di un singolo individuo, originariamente indicava la forma abituale e corretta con la quale  una società si aspetta che gli individui ad essa appartenente si dovrebbero comportare. Pertanto, il comportamento etico è quel tipo di comportamento che concorda con un carattere virtuoso, con quel tipo di carattere che viene riconosciuto generalmente come “buono”. “Moralità”, d’altra parte, viene dalla parola latina “moralis”, che è più in relazione con la questione dell’azione buona o cattiva, e non con il carattere della persona che mette in atto queste azioni. Chiaramente, la morale e l’etica sono in relazione tra loro”. [4]

Steven J. Rosen continua: “La morale e l’etica si riferiscono principalmente all’interazione, tra le persone, nel fare ciò che è meglio per il maggior numero di membri. Come il filosofo cinese Confucio ci ha informati, 500 anni prima di Cristo, le dottrine etiche e morali sono importanti perché richiedono un comportamento in armonia con la natura e con il richiamo della saggezza interiore. Una società che funzioni adeguatamente, disse Confucio, è come la musica; molti elementi differenti lavorano insieme per creare un insieme coerente. Tale armonia può essere raggiunta solamente quando le persone agiscono in maniera etica e morale. Confucio disse che coloro che si comportano in modo tale che l’azione che svolge sia di beneficio non solo per se stesso ma anche per le persone che gli sono vicine, sta eseguendo la ”azione corretta”.

Possiamo concludere, quindi, che una persona che coltiva la spiritualità non si limita a dedicare parte del suo tempo in attività religiose nei Templi, nelle Chiese o nelle Moschee. Lo spiritualista estende le proprie attività per il beneficio degli altri esseri viventi, “in accordo alle triplici categorie dei destinatari, alta, media e bassa” come ci disse Bhaktivinoda Thakura.Questo significa accompagnare il beneficiario delle proprie opere dal punto in cui si trova, aiutandolo nei suoi passi verso la realizzazione di una coscienza spirituale superiore, con il favore di una migliore condizione materiale. Vediamo, così, come ovunque nel mondo ci siano innumerevoli iniziative socialmente caritatevoli da parte di tutte le organizzazioni religiose e tradizioni mistiche, che coniugano perfettamente lo spirito della filosofia spirituale con le necessità materiali.


[1] “Tattva Viveka - Tattva Sutra - Amnaya Sutra: Una esposizione esaustiva della realtà spirituale” di Bhaktivinoda Thakura (Madras: Sree Gaudiya Math, senza data)
[2] “Bhaktyaloka” di Bhaktivinoda Thakura.
[3] Estratto di una conversazione tra Bhaktisiddhanta Saraswati Thakur e il Prof. Albert E. Suthers, Gennaio 1929 a Krishnanagar.
[4] “I 4 principi della libertà - Morale e Etica dietro il Vegetarianismo, la Continenza, la Sobrietà, l’Onestà” di Steven J. Rosen (Satyaraja Dasa) (FOLK Books - 2002)