La filosofia del Dr. Ranocchio
Un'occhiata ai limiti dei nostri sensi e della nostra mente.
di Drutakarma dasa
C’era
una volta una comunità di ranocchi che viveva in un pozzo vicino all’Oceano
Atlantico. Nessuno di loro era mai stato fuori dal pozzo né conosceva qualcosa
del mondo.
Un
giorno un giovane ranocchio particolarmente atletico riuscì a saltare fuori dal
pozzo e iniziò la sua esplorazione. Quando arrivò alla spiaggia e vide l’oceano
rimase sbalordito. Non aveva mai visto nulla di simile e corse precipitosamente
al pozzo per raccontare la sua scoperta. Il giovane ranocchio tornò al pozzo e
chiese concitatamente di vedere il ranocchio più sapiente della comunità. Il
vecchio ranocchio conosceva tutto ciò che c’era da sapere sulla sociologia, la
storia e la geografia del mondo contenuto nel pozzo. Era un autentico
depositario della conoscenza ranesca. Chiamiamolo Dr. Ranocchio.
“Dove
sei stato?” chiese il Dr. Ranocchio al giovane esploratore. “Cos’hai visto?”.
“Ho
visto una vasta distesa d’acqua”, rispose il giovane ranocchio.
“Quanto
vasta? Era grande due volte il nostro pozzo?” E il Dr. Ranocchio si gonfiò un
po’ apprezzando l’enorme vastità di quell’acqua.
“No,
no, signore. E’ molto più grande. Sapete…”
“Era
grande quattro volte il nostro pozzo?” Il Dr. Ranocchio si gonfiò un po’ di
più.
“No,
no, signore. Molto, molto più grande”.
“Dieci
volte il nostro pozzo? Il Dr. Ranocchio si gonfiò prodigiosamente.
“No,
non capite!”
A
questo punto il Dr. Ranocchio si gonfiò di più e scoppiò.
Sua
Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada, fondatore in Occidente del
Movimento per la Coscienza di Krishna, ha spesso raccontato questa storia per
mettere in luce le limitazioni della scienza quando è applicata a questioni
fondamentali quali l’origine dell’universo o l’esistenza e la natura di Dio.
Gli stessi scienziati ammettono tali limitazioni. Nel 1980, Kenneth E.
Boulding, presidente dell’Associazione Americana per lo Sviluppo della Scienza,
affermò nel suo discorso al convegno annuale dell’organizzazione: “La
cosmologia…è presumibilmente poco sicura, in quanto si limita a studiare un
universo grandissimo basandosi su di un campione piccolo e mutevole. Noi lo
abbiamo osservato attentamente soltanto per una minuscola frazione dell’arco
totale del suo tempo e conosciamo a fondo una frazione ancora minore della sua
ampiezza totale nello spazio”.
Le
critiche di Srila Prabhupada alla conoscenza materiale riecheggiano la
conoscenza contenuta nella letteratura vedica, il grande corpo di scritti
filosofici indiani. Migliaia di anni fa i saggi vedici analizzarono le ragioni
per cui la conoscenza acquisita attraverso i sensi materiali e la mente è
imperfetta.
Prima
di tutto i sensi in se stessi sono limitati e imperfetti. Secondo, siamo
portati a cadere con facilità nell’illusione. Terzo, siamo soggetti all’errore.
E quarto, tendiamo ad ingannare, a sostenere di essere in possesso della
verità, mentre le basi della nostra conoscenza non sono solide.
Diamo
ora uno sguardo ravvicinato a questi ostacoli della conoscenza acquisita con i
nostri sensi materiali.
SENSI
IMPERFETTI
Il
primo problema che ci troviamo ad affrontare quando cerchiamo di ottenere
informazioni accurate sul mondo esterno è la limitazione fisiologica dei nostri
sensi o “soglia di percezione”. Prendiamo gli occhi, per esempio. Possiamo
vedere solo una microscopica frazione dello spettro elettromagnetico totale.
Un’onda elettromagnetica ha una gamma di lunghezza che si estende da un
quadrilionesimo di metro a 100 milioni di metri. E di questo immenso apparato
energetico possiamo solo vedere onde lunghe tra i 400 e i 750 millimicron (il
millimicron è un miliardesimo di metro). Il viola si colloca all’incirca nella
gamma dei 400 millimicron, il blu nei 450 circa, il verde nei 500 circa, il
giallo nei 600 circa, e il rosso nei 700 circa. Qualsiasi cosa al di fuori di
questa banda è invisibile ai nostri occhi.
Il
nostro udito ha le stesse limitazioni. Le onde sonore vengono misurate in hertz
o cicli al secondo. L’udito umano si estende dai 20 ai 20.000 hertz. Non
riusciamo a sentire nessuna vibrazione al di sotto o al di sopra di questa
gamma.
Se
prendiamo in esame ciascuno degli altri sensi, li troveremo limitati nello
stesso modo.
Perciò
i nostri sensi sono imperfetti. Che dire, quindi, degli strumenti scientifici?
Possono aiutarci ad ottenere conoscenze più perfette? In realtà, no. Rendono
soltanto le cose più complicate. Il fisico Eugene Wigner, premio Nobel, mette
in rilievo: “Persino se fotografiamo le stelle, dobbiamo probabilmente far
intervenire i nostri sensi per capire ciò che mostra la fotografia. In
sostanza, è chiaro che tutta la conoscenza ci arriva tramite i nostri sensi.
Perciò, anche se ampliata o raffinata dagli strumenti, qualsiasi tipo di
conoscenza basata sulla percezione sensoriale, non è più perfetta dei nostri
sensi imperfetti”.
ILLUSIONE
Il
nostro secondo difetto è quello di essere soggetti all’illusione. Molti di noi
avranno provato a guidare un’automobile sull’autostrada in una giornata calda e
avranno visto davanti a sé qualcosa che sembrava acqua, per poi scoprire che lì
non c’era nulla. Perciò, anche se il Dr. Ranocchio fosse potuto uscire dal suo
pozzo e avesse visto l’oceano, i suoi problemi di percezione non sarebbero
stati per questo risolti. “E’ possibile che mi sbagli pensando che quella nuda
striscia blu che sembra esservi là sia il mare”, dice il Dr. R.L. Gregory,
direttore del Laboratorio di Percezione Mentale dell’Università di Bristol in
Inghilterra. “Potrebbe probabilmente essere un sogno o potrei essere drogato.
E’ poco probabile, ma possibile; perciò non ho alcuna certezza delle mie
percezioni”.
Gli
psicologi e gli altri studiosi della percezione hanno effettuato molte ricerche
sull’illusione, in particolar modo nel campo dell’illusione ottica. Anche il
senso del tatto è fortemente influenzato dall’illusione. Se la nostra mano è
sufficientemente calda, l’acqua “calda” sembrerà fredda. E, al contrario, se la
mano è fredda, l’acqua “fredda” sembrerà calda. Questo fenomeno porta a casi in
cui è possibile percepire simultaneamente la stessa acqua come calda o come
fredda. Se assaggiamo un’arancia dopo aver assaggiato dello zucchero, l’arancia
avrà un gusto aspro, ma dopo un limone avrà un gusto dolce. Anche le illusioni
uditive sono comuni, come dimostra chiaramente l’abilità del ventriloquio. Ma
c’è anche un altro modo in cui la percezione normale ci pone in uno stato
illusorio: gli oggetti dei nostri sensi variano continuamente di attimo in
attimo. Non sono caratteristiche stabili della realtà. Questa difficoltà
diviene particolarmente evidente quando proviamo a catalogare questi oggetti.
Nel
suo libro Distorsione psicologica e
sociale dell’Informazione, Charles K. West, professore di psicologia
educativa dell’Università dell’Illinois, dice: “Chiamare un oggetto “carta”
conferisce un senso di fissità che a volte maschera il fatto che si tratti di
apparenza temporanea, di esistenza temporanea nel tempo e nello spazio”. La
stessa osservazione è racchiusa nello Srìmad-Bhàgavatam,
un trattato classico di filosofia che risale a cinquemila anni fa. Il Bhàgavatam descrive la manifestazione
cosmica come “mondo dei nomi”. Nel suo commento a questo brano, Srila
Prabhupada spiega: “L’intera manifestazione materiale è soltanto un gioco di
nomi; infatti non è altro che una sconcertante creazione di materia come terra,
acqua e fuoco. I fabbricati, i mobili, le automobili, le case, i mulini, le
fabbriche, le industrie, la pace, la guerra e persino la più alta perfezione
della scienza materiale, in particolar modo l’energia atomica e gli elettroni,
non sono che gli incredibili nomi degli elementi materiali con le loro reazioni
concomitanti”.
ERRORI
Un’altra
difficoltà nella percezione sensoriale è che siamo soggetti all’errore. Il Dr.
Gregory di Bristol (specialista del cervello) dice: “La scienza, con tutti i
drammatici successi, ha anche generato dal suo inizio errori grossolani; le
stelle come spilli in un globo di cristallo, l’elettricità e il calore come
fluidi, il cervello come organo per il raffreddamento del sangue… Queste sono
deviazioni drammatiche rispetto a ciò che noi ora sappiamo essere vero; e
quando lo scoprirono ci furono deviazioni rispetto a ciò che allora sembrava
essere vero”.
Un
esempio recente di tali errori riguarda il brontosauro, meglio conosciuto come
dinosauro, generalmente dipinto come un gigante dai denti smussati e dal muso
rincagnato. Parlando dello scheletro in mostra nel Canergie Institute, il
direttore del museo David Berman ammette: “Ha la testa sbagliata. Ci sono altri
quattro musei che hanno in mostra scheletri di brontosauri e tutti hanno la
testa sbagliata”. Si scopre adesso che i brontosauri avevano denti appuntiti e
il muso allungato. La confusione sembra aver avuto inizio nel 1881, quando un
rispettato paleontologo di Yale usò lo scheletro di un brontosauro, recuperato
nel Colorado, per mettere insieme la prima raffigurazione dell’enorme rettile.
Dice Berman: “Usò, in effetti, una testa trovata a tre o quattro miglia di
distanza dallo scheletro, all’insaputa di tutti”. Il Prof. John McIntosh
dell’Università di Wesleyan dice: “Fu una supposizione. Generalmente le sue
supposizioni erano esatte in questo campo, ma quella volta sbagliò”.
Un altro caso. Tre astronomi hanno
recentemente scoperto un errore significativo nella Costante di Hubble,
un’equazione usata come metro per misurare le enormi distanze dell’universo. La
Costante di Hubble, così chiamata dal nome dell’astronomo Edwin P. Hubble, fu
sottoposta a un numero tale di correzioni dal momento in cui l’astronomo
l’aveva formulata, che molti scienziati la definiscono ora ironicamente: “la
variabile di Hubble”. E’ chiaro che, a causa dei sensi imperfetti e della mente
incline all’illusione, gli errori sono inevitabili.
INGANNO
Errare
è umano, si dice, ma sfortunatamente a volte gli esseri umani vanno al di là
dell’innocente errore e propagano deliberatamente falsità. Gli scienziati non
ne sono immuni.
Per
molti anni i libri di testo sull’evoluzione citavano normalmente l’Uomo di
Piltdown per testimoniare la discendenza degli esseri umani da un antenato
simile alla scimmia.
Nel
1912 gli archeologi portarono alla luce un cranio umanoide e una mandibola di
scimmia da una cava di ghiaia a Piltdown, nelle isole britanniche. Si pensò che
le ossa facessero parte della stessa creatura che fu debitamente ricostruita
nella sua totalità e collocata nel British Museum come esempio della fase di
transizione tra l’antica scimmia e l’uomo moderno. Nel 1953, però, alcuni
ricercatori scoprirono che la mandibola attribuita all’Uomo di Piltdown aveva
un’origine molto più recente e che era stata sottoposta a decolorazione per
farle assumere l’apparenza di un fossile. Qualcuno, inoltre, ne aveva levigato
i denti per cambiarne l’aspetto. In altre parole, l’Uomo di Piltdown era una
frode evidentemente architettata da uno degli scopritori.
I
Comitati del Congresso degli U.S.A. hanno indagato su asserzioni che
imputerebbero di falso gli scienziati che lavorano con sovvenzioni
dell’Istituto Federale di Ricerca perché falsificherebbero d’abitudine i loro
esperimenti per ottenere il denaro. Il Los
Angeles Times ha riportato: “Durante una delle sedute del congresso, il Dr.
John long ammise sotto giuramento di aver falsificato i risultati della ricerca
in un esperimento condotto sulla malattia di Hodgkin nel famoso Massachusetts
General Hospital di Boston. Ammise anche di aver tenuto nascosta la scoperta
fatta dai suoi collaboratori che le cellule da lui definite per anni cancerose
umane, appartenevano in realtà a una scimmia crisotrice (scimmia dei Cebidi
dell’America tropicale).
Tali
incidenti non fanno altro che provocare grande costernazione nella comunità
scientifica, preoccupata che la crescente sfiducia del pubblico verso la
scienza provochi una riduzione nell’assegnazione dei fondi. Tuttavia, sembra
che gli scienziati godano di una fiducia ancora abbastanza solida da parte del
pubblico. Nel suo libro sull’informazione distorta, il Dr. Charles West dice:
“L’informazione scientifica non deve essere soggetta alle insidie intellettuali
ed emotive che influenzano le persone comuni. L’uso stesso del termine scientifico implica per molte persone
che l’informazione sia altamente significativa, indiscutibile, spassionata,
obiettiva, irreprensibile, non dogmatica e altamente razionale”.
Tuttavia,
non è sempre così. Come osserva astutamente il Dr. West: “Gli scienziati hanno
una visione del mondo che è relativa alle loro necessità e attitudini, ai loro
valori e interessi, concetti e strutture proprio come qualsiasi altra persona,
e le loro osservazioni e scoperte sono influenzate da questi fattori”.
Uno
dei problemi è che la stragrande maggioranza degli scienziati è impiegata
presso grandi istituzioni, in genere le maggiori università, le grandi società
o il governo. Gli scienziati, quindi, oltre a essere ostacolati da tutte le
imperfezioni della percezione sensoriale, sono sotto costante pressione per
modificare le loro scoperte affinché siano soddisfatte le necessità delle
istituzioni per le quali lavorano.
Come
nota il Dr. West: “Il controllo agisce
in tutte le fasi di ricerca, inclusa la selezione, l’analisi dei dati, la
formazione dell’ipotesi e la soluzione o l’articolazione delle scoperte”.
CONOSCENZA
PERFETTA
Considerando
tutto ciò, dovremmo essere fortemente dubbiosi sul modo in cui viene dipinto
l’universo dagli scienziati, per non parlare delle loro idee su quesiti
fondamentali quali l’origine della vita e l’esistenza di Dio. Questo significa
che non potremo mai sperare di ottenere risposte a questi quesiti? No, ma
significa che dobbiamo trovare un altro sistema per ottenerle.
Secondo
la letteratura vedica, il modo per conoscere perfettamente le risposte a questi
fondamentali quesiti è chiamato avaroha-panthà,
la via discendente della conoscenza. Essa è in netta opposizione rispetto
alla via ascendente della scienza materiale, il metodo di ricerca speculativa
che si serve di mente e di sensi imperfetti. Come abbiamo visto, questa via
ascendente non potrà mai portare alla conoscenza sicura. In quella discendente,
invece, accettiamo la conoscenza da una sorgente perfetta, situata al di là dei
nostri quattro difetti. Solo in questo modo potremo aggirare tali ostacoli e
ottenere la conoscenza di Dio.
Consideriamo
la situazione difficile in cui viene a trovarsi un uomo che non sa chi sia suo
padre, perché il padre lasciò la casa prima della sua nascita. Come può il
figlio accertare con sicurezza l’identità del padre? Un’alternativa per il
figlio potrebbe essere quella di informarsi personalmente presso milioni di
uomini, il che ovviamente sarebbe un noioso e probabilmente poco fruttuoso
tentativo. Questa è la via ascendente della conoscenza. Un’altra possibile
alternativa potrebbe essere che l’uomo s’informi direttamente sull’identità del
padre presso sua madre. Questo metodo, l’unico metodo con una speranza di
certezza, è la via discendente della conoscenza.
Il
problema, naturalmente, consiste nel trovare la sorgente della conoscenza
perfetta, come abbiamo prima messo in rilievo. Tale sorgente è particolarmente
necessaria quando si cerchino risposte a quesiti sull’origine della vita e su
argomenti riguardanti l’esistenza e la natura di Dio, in altre parole la Verità
Assoluta.
I
devoti di Srì Krishna considerano la letteratura vedica la sorgente primaria
della perfetta conoscenza a proposito della Verità Assoluta. Occorre ammettere
anche che è necessaria una certa quantità di fede per intraprendere il
procedimento di realizzazione della verità contenuto nella conoscenza vedica,
un procedimento conosciuto come bhakti-yoga
, o servizio devozionale. Questa fede, tuttavia, non è differente dalla
fede che è necessaria a una matricola di un corso di chimica per iniziare i
suoi studi. Lo studente non può essere sicuro che gli esperimenti funzioneranno
o che le informazioni contenute nei libri di testo siano esatte (in effetti,
come abbiamo visto, è probabile che alcune non lo siano), ma ha fede nel suo
professore, un esperto di chimica, e in tutti quelli che lo hanno preceduto,
che hanno terminato il corso e gli studi e hanno confermato la loro piena
fiducia nell’autenticità di quel ramo di conoscenza.
Similmente,
quando un discepolo inizia il servizio devozionale si pone sotto la guida di un
maestro spirituale, un esperto del servizio di devozione che insegna la
conoscenza contenuta nella letteratura vedica e ha personalmente realizzato la
Verità Suprema. Il neofita incontra anche altri devoti più avanzati che hanno
realizzato parzialmente la Verità Suprema nella pratica del bhakti-yoga. Così egli stesso comincia a
realizzare la conoscenza trascendentale mentre
continua a servire il Signore.
Per
questa ragione la conoscenza che deriva dalla pratica del bhakti-yoga, sebbene al di fuori del campo dei sensi materiali e
della mente, è scientifica, e lo è ancora più di ciò che normalmente accettiamo
come fatto scientifico.
La
letteratura vedica ci spiega che la conoscenza perfetta ha origine da Dio, la
Persona Suprema, che è il Creatore e ha il controllo dell’intera manifestazione
materiale. Se desideriamo comprendere il significato fondamentale di un quadro
dobbiamo avvicinare l’artista che lo ha dipinto. Il pittore è la migliore
sorgente di conoscenza per la comprensione dell’opera da lui creata.
Similmente, il Signore Supremo è la migliore sorgente di conoscenza
dell’universo. Egli non è intralciato dai difetti dei comuni esseri umani. I
Suoi sensi sono perfetti e illimitati ed è completamente libero dalla
propensione all’illusione, all’errore e all’inganno.
All’inizio
della creazione Srì Krishna insegnò la perfetta conoscenza vedica a Brahmà, il
primo essere creato dell’universo. Brahmà ripetè poi la stessa conoscenza
perfetta a Nàrada, suo figlio e discepolo. Nàrada, a sua volta, la insegnò al
saggio Vyasa, che la ripetè a Sukadeva Gosvàmì, suo figlio e discepolo. In
questo modo la conoscenza vedica è arrivata ai nostri giorni attraverso una
catena di successione di maestri. A un certo punto gli insegnamenti vedici furono
messi per iscritto.
I
testi vedici di maggiore importanza, come la Bhagavad-gìtà, contengono le esatte parole pronunciate da Dio, la
Persona Suprema.
A
differenza delle altre scritture che forniscono solo gli elementi più
rudimentali della creazione, la letteratura vedica fornisce elementi particolareggiati
sull’origine della manifestazione cosmica, dall’atomo ai vari sistemi
planetari.
Il
sistema migliore per conseguire la conoscenza perfetta è avvicinare un maestro
spirituale autentico nella successione di maestri che risale a Dio la Persona
Suprema, e studiare la letteratura vedica seguendo le sue istruzioni. La Bhagavad-gìtà consiglia: “Cerca di
conoscere la verità avvicinando un maestro spirituale. Ponigli delle domande
con sottomissione e servilo. Le anime realizzate possono trasmetterti la
conoscenza perché hanno visto la verità”. E la Mundaka Upanisad afferma: “Per imparare la scienza trascendentale
si deve avvicinare un maestro spirituale che faccia parte di una genuina
successione di maestri spirituali e che sia fisso nella Verità Assoluta”. Il
legame con il maestro spirituale è a tal punto importante che il discepolo
tradizionalmente prega: “Offro i miei rispettosi omaggi al mio maestro
spirituale, che con la torcia della conoscenza ha aperto i miei occhi accecati
dal buio dell’ignoranza”.
Accettando
la conoscenza trascendentale trasmessa dalla catena dei puri devoti di Krishna,
si possono superare i difetti della mente e dei sensi materiali e raggiungere
la comprensione scientifica della Verità Assoluta. L’alternativa è la filosofia
del Dr. Ranocchio, che in ultima analisi è una rovina totale.